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Lo Stato “disapplica” le leggi regionali e la Sardegna si appella alla Corte Costituzionale

di Enza Plotino

La Regione Sardegna ha dovuto sollevare davanti alla Corte Costituzionale il conflitto di attribuzione con lo Stato per le autorizzazioni di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) rilasciate di recente dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE). Il conflitto riguarda l’autorizzazione per tre diversi impianti agrivoltaici. La VIA del Ministero ha emesso una valutazione positiva senza neppure verificare se il progetto di volta in volta in esame ricadesse in un’area individuata come idonea dalle legge regionale 20/2024, escludendo aprioristicamente l’applicazione della legge votata dal Consiglio regionale e regolarmente in vigore e ritenendo, inoltre, “illegittima qualsiasi disposizione normativa di rango regionale”. Un comportamento contrario alle potestà legislative attribuite dallo Statuto Speciale della Sardegna, in particolare nelle materie dell’urbanistica, dell’edilizia, della tutela del paesaggio (compresa dell’agricoltura e delle foreste) e della produzione e distribuzione dell’energia elettrica.  La disapplicazione della legge regionale ha portato all’adozione di più decreti che hanno espresso il giudizio di compatibilità ambientale in totale spregio delle prerogative della Regione e del Consiglio regionale sardo. Obbligare la Regione Sardegna ad appellarsi alla Corte Costituzionale perché lo Stato disapplica le leggi regionali è il segnale di trovarsi al cospetto di istituzioni tecnicamente “carenti” e per di più astutamente consapevoli di avere gli strumenti giusti per bloccare i piani degli oppositori. In realtà è già un po’ di tempo che “si sta ritornando al via”, come in un gioco dell’oca.  Le nostre istituzioni democratiche, il governo, il Parlamento, i ministeri e giù, giù a scendere, tutti quei “palazzi” di cui i governi Berlusconi avevano fatto strame e che, con gran fatica politica e organizzativa, si era tentato di riportare ad un assetto il più vicino possibile ad un sistema di regole certe, doveri e diritti per tutti, oggi ritornano nel limbo di centri affaristici, familistici e de-regolati da questa destra eversiva, assetata di vendetta per essere stata messa al bando dai consessi democratici. I Ministeri per esempio, dove si era voluto fortemente uno spoils system, un repulisti in grado di sanare le antiche storture di contratti “pesanti” per amici, parenti, compagni di partito o di corrente che avevano snaturato il sistema tecnico e amministrativo non più in grado di dare risposte corrette e specialistiche proprio a causa di “tecnici” improbabili e di raccomandati nella più classica delle forme e ai quali il centrosinistra (soprattutto i governi Prodi I e II) aveva tentato di opporsi. Si stava anche tentando di correggere il sistema dei concorsi pubblici in cui “passava” chi aveva più santi in paradiso (dove per paradiso si intendeva il sistema politico di turno), eliminando i nomi e cognomi dei concorsisti e sostituendoli con dei codici alfanumerici in modo da rendere non identificabili i concorrenti. Questo processo di “pulizia” è durato anni, passando attraverso resistenze di ogni tipo, fino all’oggi. Sono arrivati i nuovi potenti, con tutto il carico di rigurgiti berlusconiani, ma anche di sete di potere propria della destra rimasta per anni a bocca asciutta, al grido di “non faremo prigionieri”. E così, come per incanto nei concorsi pubblici, nei bandi, nelle gare sono stati eliminati i codici alfanumerici (perché altrimenti i propri candidati non possono essere riconosciuti e aiutati) e sono ritornati i vecchi, e cari al potere, nomi e cognomi facilmente identificabili, così come lo spoils system nel Governo e nei ministeri è stato sostituito dalla chiamata diretta di amici e parenti a ricoprire incarichi tecnici e organizzativi, indebolendo tutto il sistema istituzionale, rendendolo carente e privandolo di competenze in settori delicati e sensibili. Da qui, una cascata di decisioni normative e regolamentari, grottesche, inqualificabili e, a volte, spregevoli nei modi e nei contenuti. Il “modello Albania” per esempio è un coacervo di gestione incompetente, furbata politica, disumanità conclamata che hanno smascherato platealmente i bassi, indecenti, propositi politici della stessa Premier, con i Ministeri a dare man forte alle pulsioni autoritarie e disumanamente repellenti dei vertici di Governo. Sempre a cascata tutti i regolamenti, le autorizzazioni tecniche risentono di questa infornata di parenti, amici e trombati politici, nei sistemi di regolamenti e in quelli autorizzativi, con una valanga di provvedimenti scriteriati e sempre confusamente incostituzionali. Un ritorno all’antico, per assicurarsi il Paradiso.

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