27 Luglio 2024

Dall’alto della loro competenza ambientale, i consiglieri del Parco dell’Arcipelago hanno presentato la “svolta” delle nuove linee di indirizzo per la prossima stagione estiva, da cui si è capito solo che tutte le barche da traffico autorizzate (residenti e esterni) faranno nelle isole minori due soste anziché cinque, ma avranno l’obbligo di una ulteriore sosta sull’isola madre di La Maddalena (un segnale di comunione d’intenti con il Comune che deve fare cassa). Hanno brindato, immaginiamo, dopo aver raggiunto questo po’ po’ di decisione storica. Tutto rigorosamente covato all’ombra delle stanze del Parco, senza uno straccio di dibattito condiviso con gli operatori e le imprese maddalenine che avrebbero il diritto di mettere becco sulle questioni che li riguardano sia come cittadini attivi, sia come imprenditori che in queste isole investono il loro denaro. Decisioni irrilevanti ad aggredire i gravissimi problemi in cui versano d’estate le isole e che stanno riducendo l’Arcipelago a prodotto naturale ad uso di chi lo assale prima. Non entro nel merito della decisione sugli specchi acquei perché controversa e ancora poco chiara ma anche in questo caso il Parco dimostra di avere abbandonato la tutela e la sicurezza del parco marino che gestisce e intrapreso la strada dell’efficientismo produttivo ed economico, sposato indissolubilmente con la nuova amministrazione comunale. Un bene naturale da “spolpare” anziché da valorizzare. Perché valorizzare vorrebbe dire imparare, acquisire dati, competenze, investire in sicurezza e controllo, discriminare positivamente chi porta qualità turistica, proteggere con un sistema integrato di flussi, gli operatori maddalenini penalizzati dalla indiscriminata mole di autorizzazioni a scendere sulle isole date ad esterni che arrivano da fuori in migliaia e bloccare con rigidi controlli a mare e a terra le migliaia di abusivi che si riversano sulle isole e se ne sbattono dei regolamenti del Parco! La via mi sembra tracciata, ma cosa potevamo aspettarci visto che ai vertici dell’Ente non vi è traccia di competenza ambientale, ma proliferano professionisti della politica e dei mestieri, così come la legge 394 categoricamente stabiliva di non fare. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: un bene naturale da “spolpare”….finchè c’è vita. Delle prossime generazioni chi se ne frega!

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